Soleva programmassero per primavera le gite scolastiche. Ravenna era un must, un viaggio oltre il confine per noi sudisti. L’eccitazione non figlia di sindrome stendhaliana, derivava semplicemente dall’aver marinato legalmente un giorno di scuola. Ricordo che dopo essere sopravvissuto all’ipnosi generata dal rossetto ramato della professoressa di italiano, seducente nel suo blablablare post orgasmo culturale di provincia, giungeva il momento clou. Pranzo al sacco tradotto in etti di maiale magrissimo su grano transgenico. Scampato a quei giorni rimbalzo nuovamente qui di fronte. Ti si chiude lo stomaco al crepuscolo. Nel chiarore sordo delle prime luci, pare udire il rumore delle maestranze lombarde che giocano a Lego, mattone su mattone, tutte le mattine. Veri autori silenziosi di questo capolavoro.