E le sere d’estate, sudate di libertà. Quelle che transigono i capelli bagnati. Che non temono la sera. Le caviglie gonfie, arano campi sabbiosi di flora sterili, fecondi di campioni. Campioni di amicizia. Si distinguono tra le dune (che imparziali si mostrano insidiose) non per velleità calcistiche, bensì per spirito d’aggregazione. Una palla, multipli di uno, atomi impazziti, lanci alla sperindio. “Goool! No era fuori! Palo! Traversa! Fallo! Fuorigioco (per i fanatici del VAR)”. Che importa. Proprio così che importa se in porta c’è uno che manco la piglia. Che importa se la porta non c’è. C’è che conta esserci. Conta godersi quei piccoli sorsi di vita. Io qualche attimo dopo ho confuso la palla con la luna. Il bambino è cresciuto d’improvviso e gioca col cielo ora. Molto più bravo nel palleggiare i motivi che ho dentro.